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La scuola dei videogiochi adesso è realtà: dove si trova e cosa insegna

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La E-Sports High School è una scuola per aspiranti gamer. Si tratta di un istituto che oltre ad indirizzare i ragazzi nel mondo degli sport elettronici abbina anche un altro aspetto piuttosto importante 

Intraprendere la carriera da gamer è il sogno di molti ragazzi ma per arrivare a buoni livelli ci vuole anche una giusta dose di fortuna. Inoltre, non esiste nessuna scuola per imparare, almeno in Italia. In Giappone però questo passo è stato fatto e i ragazzi delle scuole superiori possono frequentare un istituto apposito che ha come obiettivo proprio quello di insegnare ai giovani tutti i segreti dell’e-sports.

Ha aperto lo scorso aprile e i 22 ragazzi che si sono iscritti stanno per concludere il primo anno. Si chiama E-Sports High School e si trova in pieno centro a Tokyo (per l’esattezza a Shibuya). D’altronde il paese del Sol Levante è la patria dei videogames e negli anni ne ha lanciati diversi di grande successo.

Scuola dei videogiochi: l’importante doppia funzione che svolge

Dalle immagini che si vedono sul sito è possibile scorgere uno spazio futuristico costruito in vetro e lampade verdi al neon. Non mancano gli schermi e le postazioni da gioco nello Shibuya E-Stadium, ovvero la struttura che ospita le classi. La scuola è privata ed è stata aperta grazie all’aiuto di Ntt e-Sports la sezione delle telecomunicazioni dell’azienda che si occupa appunto dei videogiochi.

A sostegno dell’iniziativa c’è anche la divisione esport della squadra di calcio della città, il Tokyo Verdy. I gamer professionisti della squadra fanno parte del team didattico e si occupano dell’insegnamento. Tutto molto bello insomma, ma la scuola oltre a trasmettere le conoscenze ai ragazzi, ha anche altri obiettivi.

Il primo è garantire un prosieguo scolastico ai ragazzi visto che in Giappone la scuola dell’obbligo arriva a coprire solo il primo ciclo di insegnamenti superiori (in pratica fino ai 15 anni) e non anche gli altri 3 anni prima dell’Università. Il secondo invece è quello di trasmettere il messaggio che giocare ai videogiochi non può diventare un lavoro.

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Le carriere infatti sono molto brevi e sono soprattutto gli adolescenti a dominare la scena. A 20 anni molti si ritirano perché desiderosi di studiare altro o di trovare un impiego più stabile. Certo poi può sempre accadere che si aprano le porte del successo, ma in percentuale sono pochi quelli che lo fanno per molti anni. Più realistico sfruttare questa opportunità per diventare sviluppatore di videogiochi, programmatore o commentatore di e-sport o designer di animazioni ufficiali, a patto però che si approfondiscano le proprie conoscenze iscrivendosi all’Università.