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Buoni pasto, attenzione a quando ve li propongono: qualcuno potrebbe finire nei guai

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I buoni pasto sono dei voucher forniti dal datore di lavoro al dipendente come forma di benefit, offrono vantaggi fiscali alle aziende ed aiutano i lavoratori con una risorsa di fondi utile se aggiunta allo stipendio.

Negli ultimi periodi, complice la crisi e l’aumento della disoccupazione (soprattutto giovanile) i datori di lavoro hanno cominciato a proporre delle soluzioni alternative all’aumento di stipendio, le quali però non sempre sono contemplate dalla legge in vigore.

Con l’emergenza lavorativa presente in Italia sempre più persone sono disposte a percorrere quotidianamente distanze anche molto elevate pur di riuscire ad ottenere uno stipendio con cui vivere, questo fatto però, oltre ad essere estremamente stancante sia dal punto di vista fisico che mentale, porta con sé anche un problema forse ancora più rilevante.

Lavorare a grandi distanze da casa, magari in un’azienda priva di mensa o di un luogo adatto alla consumazione dei pasti rappresenta un enorme disagio per i lavoratori, i quali sono costretti a portare con sé la tanto odiata “schiscetta” o a spendere una buona parte dello stipendio mensile in pasti nei bar o nei ristoranti vicini.

Per sostenere i lavoratori è stato ideato il buono pasto, un ticket sia cartaceo che in formato tessera, con il quale è possibile usufruire di sconti sulla spesa alimentare reperibile nei negozi convenzionati. In questo modo il lavoratore può alleggerire il peso del pasto acquistato nella pausa pranzo ed allo stesso tempo l’azienda non dovrà preoccuparsi di maggiorazioni fiscali.

Quando fare attenzione con i buoni pasto

I buoni pasto possono essere distribuiti ai dipendenti dell’azienda come forma di sostegno economico. I ticket hanno delle caratteristiche ben precisa, infatti sono nominali e quindi incedibili, per ogni transazione se ne possono utilizzare al massimo 8 contemporaneamente ed infine i buoni pasto non possono essere venduti o trasformati in denaro.

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A causa delle crisi degli ultimi anni i datori di lavoro pretendono sempre di più dai loro dipendenti, tanto che questi ultimi sono spesso costretti ad effettuare degli straordinari per mantenere il proprio posto di lavoro. Una pratica che sta diventando sempre più comune tra i lavoratori, specialmente quelli più inesperti, consiste nel retribuire le ore di straordinario attraverso l’emissione di buoni pasto.

La situazione è stata analizzata in maniera approfondita dalla Cassazione, la quale ha dichiarato che questa soluzione non è ammissibile in quanto le ore di straordinario devono essere retribuite esclusivamente tramite il pagamento in denaro, anche nel caso in cui l’ora in più lavorata corrisponda alla pausa pranzo.