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Lo chiamano l’angelo della morte: il fungo che non dovesti raccogliere mai

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L’autunno è la stagione dei funghi, ma non tutti sono salutari per l’essere umano. Alcuni possono essere velenosi e tra questi uno in particolare è un vero e proprio incubo per coloro che si cimentano nella raccolta

L’arrivo dell’autunno e delle prime piogge rappresentano il preludio alla comparsa dei funghi di cui tanti italiano sono golosi. I porcini sono sicuramente tra i più richiesti ed apprezzati, ma quando ci si cimenta in questo genere di attività è bene avere la giusta esperienza per evitare di imbattersi in funghi velenosi e quindi pericolosi per la nostra salute.

Tra questi ce n’è uno in particolare, l’Amanita phalloides (detto anche angelo della morte o ovulo malefico) nota anche come amanita falloide o tignosa verdognola che può essere davvero letale. Si tratta di un fungo basidiomicete della famiglia delle Amanitaceae. A renderlo ancora più spaventoso è un particolare di non poco conto, ovvero che in natura è piuttosto diffuso ed e facilmente confondibile con altri esemplari anche non velenosi.

Amanita phalloides: caratteristiche e pericolosità dell’angelo della morte

L’avvelenamento da Amanita phalloides nella maggior parte dei casi ha esito letale e nel remoto caso di sopravvivenza, il soggetto intossicato è costretto all’emodialisi a vita o al trapianto di fegato. Cresce in estate-autunno un po’ in tutta Italia in particolar modo nei boschi sotto le querce. Di solito predilige le latifoglie ma si può trovare anche nei pressi di conifere.

Per quanto concerne la sua conformazione, il cappello può essere di colore grigio-giallastro, verdastro o giallo-bruno o anche bianco. Le lamelle invece sono bianche, alte e libere al gambo. Quest’ultimo dal canto suo è bianco spesso con delle sfumature nere che danno un po’ l’idea di una sorta di effetto zebra.

L’anello è bianco con riflessi giallognoli, cadente a fazzoletto sul gambo mentre la carne è bianca immutabile e soda. Anche un semplice assaggio è assolutamente da evitare: bastano appena 3-7 milligrammi per andare in contro al destino avverso. Insomma c’è poco da scherzare con quello che è stato ribattezzato l’angelo della morte.

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L’odore è pressoché nullo nel fungo fresco e giovane e di miele in quello adulto. Il micologo Riccardo Mazza nel suo libro “Introduzione alla Micosmologia” ha affermato che l’odore ricorda vagamente quello dell’ammoniaca. Discorso simile per il sapore che in principio è nullo. Alla fine risulta invece simile a quello delle nocciole e a tratti un po’ acre. Dunque, con questo bagaglio di informazioni si dovrebbe riuscire a scongiurare il peggio ed evitare il temibile fungo.